“Umberto Eco ha
parlato di Dylan Dog come se fosse un capolavoro, accostandolo addirittura alla
Divina Commedia!
[…]
Allora, io non so se
Dylan Dog è un capolavoro… non mi ci metto neanche... per me è artigianato!”
Tiziano Sclavi
Una curiosità: quando faccio lezione a scuola, per spiegare il concetto di sospensione d'incredulità, prendo ad esempio l'ipotesi che un ufo atterri nel giardino di casa propria...
A quanto pare, l'immaginario comune è molto più piccolo di quanto non si creda! :)
Mercoledì 22 Febbraio alle ore 21:00, insieme a Lola Airaghi sarò ospite in diretta studio nella trasmissione Lato B!
Con noi, via skype, anche il grandissimo Claudio Villa!
Si parlerà di Battiti di Legalità, una storia di mafia, ma anche di Dylan Dog, Nathan Never, Zagor, Martin Mystére, Brendon, e tutto ciò che può riguardare la commistione musica e fumetto!
E se a rappresentare il mondo del fumetto ci saremo noi, a rappresentare quello della musica ci saranno i fantastici Bermuda Acustic Circus!
Accurrite, accurrite!
E partecipate alla diretta via mail, twitter o facebook!
Credo
sia inevitabile, andando avanti così, tutte le edicole chiuderanno presto i
battenti!
Ma
non per la crisi economica, la recessione, il pil, lo spred, il download, l’all-in,
lo spanking, il bella’fra… ma semplicemente perché c’è un mucchio di gente che
fa giornali, riviste, periodici, insomma un mucchio di gente che ha il proprio
nome stampato sopra, sotto o a fianco articoli o disegni. Ma la colpa
ovviamente non è di questi ultimi, ma dei loro amici e parenti… i “quelli che…”
Soprattutto,
“i quelli che…” di chi fa fumetto.
Perché
c’è quello che… entra in studio allunga il collo guardandosi in giro, afferra
un albo qualsiasi e: “Questo l’hai fatto tu? Posso prenderlo, vero?”
C’è
quello che… “Ahh, questo me lo devi dare! Lo voglio assolutamente perché l’hai fatto tu!” e poi
non lo leggerà mai!
C’è
quello che… “Ma pensa!... me ne dai uno in prestito?... poi te lo restituisco,
eh!” e sai già che prima o poi finirà nella raccolta della carta!
C’è
quello che… “Ah, mio figlio va matto per quei pupazzi lì!... dammene uno dei
tuoi, così glielo faccio vedere!”
C’è
quello che… “AH AH AH… questo giornalino?... AH AH AH… ma di lavoro?!... AH AH
AH… c’è pure su il tuo nome!... AH AH AH… questo me lo tengo!”
C’è
quello che… “Guarda, te lo dico perché sono anni che ti chiedo, che mi informo
e che voglio tutto quello che pubblichi, perché è giusto così ma… a me di
quella roba lì non è che mi frega molto…”
C’è
quello che… “Naaah vedi che bel giornalino! Bravo a’zzio!... ce lo porto a’zzia
che ce lo faccio vedere, sei gondento?”
C’è
quello che… “Lo sapevo che prima o poi ce l’avresti fatta, lo dicevo a tutti io!”
anche se non ne hai mai comprato una copia.
C’è
quello che… “L’autografo eh?... non dimenticarti l’autografo, perché io ce lo
voglio assolutamente!” Sì, prima di metterlo sulla mensola a prendere polvere.
C’è
quello che… “Bello!... me lo porto a casa, perché si vede che è una cosa fatta
bene!” che manco Automan avrebbe saputo giudicare una sceneggiatura tenendo un
albo chiuso!
C’è
quello che… “Ma dai, i fumetti!... guarda, questo se non ti spiace lo tengo
volentieri!... perché sai, anch’io li leggevo quand’ero piccola… adesso però
leggo cose un po’ più…” sì, come Gente e Cronaca Vera!
C’è
quello che… “Se te lo rubo non ti spiace, vero?... tanto tu ne hai qui dentro
così tanti!” sì, ma se ti impegni lo capisci anche tu, che sono tutti diversi…
Insomma,
caro amico, caro parente, caro “quello che…”, se ti interessa davvero, compratelo
in edicola!... un albo Bonelli costa meno di 3 euro, è una cifra
vergognosamente ridicola per la quale non diventerai povero e, se lo leggerai, magari ti
arricchirai anche un po’.
Se
non ti interessa, la scia perdere, noi fumettari non ci offendiamo, abbiamo centinaia
di migliaia di lettori, uno in più o uno in meno, soprattutto se non
interessato, che differenza vuoi che faccia?
Sia
chiaro, in ogni caso, continueremo a volerti bene lo stesso.
Però ricorda
bene, non li stampiamo personalmente nello scantinato di casa, la tipografia e
la casa editrice non ce ne donano interi bancali, di solito abbiamo una sola copia omaggio… insomma, se non li regalano a noi, perché noi dovremmo regalarli
a te?
Dopo quattro mesi di attesa dalla prima all’ultima pagina, con
circa trecento tavole di fango, soldati, cajun, coccodrilli, sparatorie, tradimenti, duelli,
sangue e lacrime nel delta del Mississippi, è terminata “la mia” Alligator
Bayou e, come al solito, butto lì qualche dietro le quinte per i più curiosi.
La prima curiosità è legata al popolo dei cajun, vero
protagonista di questo poker d’albi.
I cajun sono un gruppo etnico costituito dai discendenti dei
canadesi francofoni; a metà del XVIII secolo, quella che era la regione
dell’Acadia diventò l’odierna Nuova Scozia (Canada) passando di mano dai
francesi agli inglesi… i quali pensarono bene di attuare una bella pulizia
etnica per non mischiare il proprio sangue con quello francese! Chi preferiva
un’alternativa ad una palla di piombo in testa, poteva trasferirsi un po’ più a
sud… giusto qualche chilometro più a sud, nella paludosa Louisiana! Una scelta che,
anche se al momento poteva sembrare l’unica furba alternativa, non lo fu per
tutti. I settemila acadiani rimasero per settimane rinchiusi all’interno di
navi-prigione (quelle usate per il commercio di schiavi, tanto per intenderci)
e morirono centinaia di uomini, donne, vecchi e bambini.
Nei decenni successivi, un buon numero di immigrati spagnoli
e tedeschi si unirono agli acadiani in quel paradiso popolato di zanzare grosse
come canarini e coccodrilli che non disdegnano di darti un’assaggiata mentre
passi per la palude. Questo miscuglio di popoli, ha generato un ibrido
culturale caratteristico che si esprime al meglio con la musica, la cucina e la
lingua.
Dato che inserire la musica mi risultava un po’ difficile
per i limiti legati al medium, ho inserito una spolverata di cucina e di
linguaggio per arricchire la caratterizzazione dei personaggi.
Fonti di ispirazioni sono stati, principalmente due film:
Louisiana Story, docufiction in bianco a nero di Robert J
Flaherty del 1948, vero esempio di antropologia visuale dove la macchina da
presa indugia sull’ambientazione e sugli aspetti caratteristici della vita in
una palude, senza necessariamente raccontare una storia.
Poi, il sicuramente più famoso Southern Comfort (I guerrieri
della palude silenziosa) di Walter Hill (quello de I Guerrieri della Notte,
tanto per intenderci) dove, proprio come in Alligator Bayou, un gruppo di
militari deve vedersela con agguati e scontri con una banda di cajun decisa a
farli fuori!
Ovviamente però gli aspetti antropologici e culturali devono
sempre e comunque fare da sfondo in una fiction in cui l’avventura deve essere
il primo ingrediente base. Perciò, proprio come successo con il Portuñol Riverense per il ventesimo Speciale di Nathan Never intitolato Non Umano, anche in questo caso della
cultura e del linguaggio cajun sono avanzate soltanto delle “spolverate” nella nostra storia, giusto per aggiungere un po' di quel sapore che, da quanto si legge dai commenti sul web, avete
saputo apprezzare, e di questo vi ringrazio.
E a proposito di commenti in rete, i frequentatori del forum
Za-Gor-Te-Nay, dibattevano sulle dimensioni di Le Roi, il gigantesco alligatore
bianco.
Il dubbio era: "Le abnormi dimensioni della mitologica
bestia, sono il risultato di una volontà degli autori o di un errore di
realizzazione?"
Suvvia, non scherziamo, è ovvio che sia io che Mangiantini ci siamo
ben documentati in proposito!
L’utilizzo, anzi direi la necessità romanzesca di Le Roi è
abbastanza evidente: circolarità narrativa!
De Marigny, il nostro antagonista,
fugge di galera all’inizio della storia facendo dare in pasto ai coccodrilli
qualcun altro la posto proprio… perciò, alla fine, tramite Le Roi, la palude se
lo riprende rimettendo le cose a posto!
Aggiungiamo poi che Alligator Bayou è il seguito di Tragico
Carnevale, storia scritta da Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) a cavallo tra
il 1973 e il 1974, dove Zagor viene buttato da De Marigny in pasto all’enorme
alligatore Matusalemme... che ovviamente lo trova più coriaceo del previsto!
Ma allora, dato che non si tratta di una licenza poetica, da
dove nasce Le Roi?
Ecco da dove ho preso ispirazione:
Si tratta di un coccodrillo gigante, fotografato a Pointe
Noire, Republica del Congo. La notizia relativa è stata pubblicata il 17 Luglio
2003 in La Semaine Africaine, un periodico congolese in lingua francese, in cui
si racconta che questo attempato cinquantenne Coccodrillo del Nilo, di 5 metri
per 850 chili, era solito far capolino sulle spiagge della zona terrorizzando i
presenti (ma và?!) e visto che cominciava ad allargarsi un po’ troppo, la
polizia locale ha ben deciso di risolvere il problema in maniera definitiva. Ma
le pistole (proprio come nel caso di Zagor) sono servite a ben poco contro la
spessa pelle di Croccolone… così, per abbatterlo, è servito un kalashnikov!
Dopodiché, dato che, come si sa, del coccodrillo non si
butta via niente, il gigante è stato portato da un novello Norman Bates che,
grazie alla tassidermia, lo ha trasformato in un’attrazione per turisti, ai
quali viene raccontato che SuperCroc era sempre più audace nell’avvicinarsi ai
luoghi abitati perché… ormai irresistibilmente assuefatto al sapore della carne
umana!
Ora fermo subito i primi della classe che si sbracciano per
poter sheldonare: "ma in Louisiana non vive la razza Crocodylus niloticus,
bensì l’Alligator mississippiensis che arriva al massimo a 4,5 metri di
lunghezza!"
È vero, ma è anche vero che a cavallo tra il XIX° e il XX°
secolo, sono stati catturati esemplari di alligatori, nel delta del
Mississippi, di ben oltre 5 metri di lunghezza! Tié!
Infine, ricordiamoci ancora due cose, la prima, è che i
suddetti pelle squamati sono tutti cuginetti del Sarcosuchus Imperator,
bestiolotto che arrivava a 12 metri di lunghezza per un peso di oltre 10
tonnellate!... in pratica lungo quanto un camion con rimorchio, e pesante come una
dozzina di 313 con a bordo paperino e i nipotini inclusi!
E la seconda è che… ehi, Zagor ha combattuto contro
licantropi e zombi, vampiri e vampire, vichinghi e uomini della palude!... un
po’ di sospensione dell’incredulità, per la miseria!